Cesti con struttura ad arco

Il cesto tradizionale chiamato cavanh utilizzato per la raccolta, il trasporto e lo stoccaggio dei prodotti della terra; di varie dimensioni è completamente intrecciato con lencistre di nocciolo o salice su di un telaio ad arco di castagno. È di difficile fattura in quanto non ha struttura predefinita ma questa viene conferita dall’abilità dell’artigiano durante l’intreccio. Le coste in castagno vengono inserite quattro alla volta e vengono distanziate utilizzando un divaricatore in legno chiamato pagadebit.

Vi sono molte varianti i questo cesto con struttura ad arco che, se ben custodito all’asciutto, si può utilizzare per diverse generazioni:

Cavành di Premeno in nocciolo e castagno Ph. Eleonora Mari

Cavành rettangolare con manico è forse il cesto simbolo della cesteria della Valle Intrasca e di moltissime aree montane della nostra provincia, declinato in varie forme, dimensioni e proporzioni. La struttura si compone di due cornici regolari, ricavate da polloni di castagno divisi longitudinalmente in due parti e ripiegati su se stessi. Queste due cornici sono unite a formare una struttura a croce, che da una parte forma base e manico e dall’altra il bordo superiore del cesto. L’inizio dell’intreccio parte sempre dall’intersezione delle due cornici e forma lo scudo, particolare intreccio di lencistre che lega la struttura a croce e fornisce la sede per l’inserimento delle coste in castagno. Tra le coste ve ne sono due più grosse chiamate cantonali, che regolano le estremità della base del cavàhn e un numero variabile di più sottili che fornirà l’orditura dell’intreccio; queste ultime vengono inserite quattro alla volta durante la fase di intreccio, due per ogni cantonale, una a destra e una a sinistra dello stesso. 

Tra i vari paesi della Valle Intrasca e della provincia del VCO troviamo differenze nelle proporzioni dei cavàhn, determinate dall’altezza a cui viene fissata la cornice orizzontale rispetto a quella verticale (manico) e dalla forma data allo scudo; per quanto riguarda lo scudo si possono trovare forme a rombo, a triangolo o (vedi cannobina). Troviamo cavàhn con scudi a triangolo a Esio, Premeno, a Crealla mentre in Ossola prevalgono gli scudi a rombo (Premia e Salecchio, Formazza, Antrona). Un’altra interessante differenza tra i cavàhn dei diversi territori del VCO si ha nella forma del telaio e del manico: in Valle Intrasca e Alto Verbano (Aurano, Esio, Premeno, Cossogno) il telaio è costituito da un pollone di castagno diviso longitudinalmente in due parti e le due cornici, unite a croce, hanno forme rettangolari; questa particolare forma si può ottenere con il castagno, la particolare resistenza del legno unita alla flessibilità permette di piegare metà pollone su una dima fino ad ottenere una forma squadrata, senza che questo si rompa. In Ossola e Valle Cannobina oltre al castagno vengono utilizzate altre specie come il nocciolo e il frassino; queste specie non hanno le stesse caratteristiche del castagno e per questo le cornici vengono costruite con polloni interi, non divisi. Le due cornici hanno forma meno squadrata e tendente all’ovale e il manico sarà un semicerchio. Il manico dei cavàhn da lavoro era lasciato nudo mentre poteva essere rivestito da fini lencistre intrecciate nel caso dei cavàhn per il cucito. In Valle Intrasca e in particolare ad Aurano abbiamo trovato cavàhn costruiti con le cornici ripiegate verso l’interno, in cui la metà piatta del pollone era lasciata all’esterno e quella convessa verso l’interno. Nel caso di cesti di piccole dimensioni il nome dialettale veniva declinato in cavàhnin o cavàhnítt.

Cavành tondo con manico in salice Ph. Eleonora Mari

Cavành tondo con manico cesto simile al cavàhn rettangolare ma con forma a semi-sfera, normalmente di più piccole dimensioni utilizzato per la raccolta dei frutti e prodotti dell’orto. La struttura si semplifica rispetto al cavàhn tradizionale perché le cornici si compongono di due cerchi, spesso di egual dimensione, unite a formare una struttura a croce, che da una parte forma base e manico e dall’altra il bordo superiore del cesto. A differenza degli altri cesti con struttura ad arco non ha un piano di appoggio ma la stabilità viene conferita successivamente dall’inserimento di due bastoni posti a breve distanza dalla base. L’inizio dell’intreccio parte sempre dall’intersezione dei due cerchi e forma lo scudo, particolare intreccio di lencistre che lega la struttura a croce e fornisce la sede per l’inserimento delle coste in castagno. Nei vecchi cesti ritrovati e nelle foto d’epoca lo scudo aveva sempre forma a rombo. In una foto storica* della frazione di Ceppo Morelli (fraz. Borgone) c’è un cesto di questa tipologia molto grosso e utilizzato per la raccolta delle castagne

Cavàhna per le patate e ricci delle castagne, una variante del cavàhn tradizionale per la raccolta di tuberi e dei ricci destinati alla risciaa. La ricciaia è un antico metodo per la conservazione delle castagne che prevede la bacchiatura dei ricci ancora verdi con lunghe pertiche di legno; i ricci venivano poi raccolti e cumulati in grandi mucchi, ricoperti di felci e rami verdi e lasciati fermentare per circa due settimane. I ricci trascorsi 15 giorni si presentavano molli e anneriti: le castagne ne uscivano facilmente e la leggera fermentazione ne assicurava la conservazione. Nella  cavàhnala differenza sostanziale con il cavàhn è dovuta alla mancanza del manico, sostituito da due impugnature ricavate al di sotto del lato più lungo della cornice orizzontale, che ne permette una presa maggiore. Inoltre, rispetto al più diffuso cavàhn ad arco, gli scudi (sempre a triangolo) si trovano sul lato corto e di conseguenza le coste si inseriscono sul lato corto del bordo e percorrono tutta la lunghezza del cesto. Questo particolare cesto si portava a due braccia. A Premia è stato fotografato un cesto simile da Scheuermeier nel 1923, utilizzato per portare a casa il pane dal forno la cavànha dul pan*.

Cavàhnina per la pesca delle trote Ph. Eleonora Mari

Cavàhnina, piccolo cesto ad arco utilizzato per contenere i pesci (principalmente trote) pescati nei torrenti e riali della Valle Intrasca, Valle Cannobina. Questo particolare cesto viene portato a tracolla, al fine di avere le mani libere per la canna da pesca e per muoversi attraverso gli impervi corsi d’acqua di montagna (riaà). A Esio un solo lato è intrecciato con lencistre di nocciolo o salice mentre nell’altro è presente una sottile tavola di legno che protegge gli abiti dall’acqua. A Crealla entrambi i lati sono intrecciati. Come per gli altri cesti ad arco, l’intreccio è sostenuto da coste in castagno, questa volta inserite su di un legno a sezione quadrata, lungo quanto la della cavàhnina. Come per il cavàhn tradizionale due coste di maggiori dimensioni regolano la larghezza della stessa, mentre viene lasciata un’apertura superiore per introdurre i pesci. La chiusura viene fatta con una tavoletta di legno sagomata.

Racconto

Sono cresciuta tra oggetti intrecciati perché mio papà era cestaio. Mille i miei ricordi di bambina che riguardano la cesteria: l’abilità con cui in inverno mio papà produceva i suoi cesti intrecciando i sottili nastri di legno di nocciolo e salice, il suono della lencistra che si stacca dal legno di nocciolo tic, tic, tac e i riccioli caduti sul pavimento che diventavano i miei giocattoli preferiti. Oltre alla passione per l’intreccio mio papà era un bravo pescatore, a detta sua il migliore della Valle Intrasca; pescava trote rigorosamente nei riaà ovvero nei piccoli riali che scorrono nelle valli tra Esio e Aurano. Io lo aspettavo sull’uscio di casa perché era mio il compito di estrarre le trote dalla cavagnina, il cesto per la pesca con una piccola apertura nella parte superiore. Le estraevo una alla volta con le mie piccole mani e appena ne usciva una di grandi dimensioni si ripeteva il consueto siparietto familiare su quanto fosse grande, bella e quasi impossibile da catturare. Dalla cavagnina insieme alle trote uscivano anche le felci che avevano la funzione di tenerle belle fresche. Quasi dimenticavo … mio papà la trota più grossa la metteva sempre nel mio piatto. [Roberta Perelli, Esio]

* da Paul Scheuermeier “Il Piemonte dei Contadini 1921 – 1932” Volume II – Rappresentazioni del mondo rurale subalpino nelle fotografie del grande ricercatore svizzero Ed. Priuli e Verlucca